Oswald Spengler, all’inizio del secolo scorso, scrisse e pubblicò il suo Tramonto dell’Occidente: un vero e proprio trattato di filosofia della storia, dove il professore tedesco mise in luce le radici e le cause storiche e filosofiche del nichilismo occidentale, sempre più alla deriva in termini valoriali e di conseguenza politici – religiosi. Ma Spengler, sulla scia del conservatorismo ideologico post giacobino, come tutti i suoi contemporanei dell’epoca, non dà una vera e propria alternativa alla modernità: esso ne denuncia i mali senza darne una medicina, risultando così funzionale ad essa.
Questo perché succede che, come spesso accade e per riprendere il filosofo contadino Gustave Thibon, l’uomo di destra e di sinistra possiedono entrambi l’apertura all’uomo senza dar ad esso la trascendenza che ne richiede: portano nelle loro viscere il male e il bene, il reale e l’ideale, la terra e il cielo. Ciò che distingue l’uomo conservatore e progressista è questo: il primo, lacerato fra una visione chiara della miseria e del disordine umano e il richiamo di una purità che non si può confondere con alcuna realtà a lei inferiore, tende a separare, l’ideale dal reale; l’uomo di sinistra, il cui cuore è più caldo, ma lo spirito meno lucido, è incline piuttosto a confonderli, idealizzando il disordine: basti a vedere come trattano questioni eterne in maniera semplicistica come Dio, la patria, la morte, la famiglia, l’etica.
Per tornare a Spengler, ridurre la crisi occidentale alla mera sfera politica, assurgendo la Religione a mera bandiera del conservatorismo, non ci permette di capire appieno la crisi dell’Europa: perché a prevalere è l’ideologia umana di stampo rivoluzionaria, le cui radici affondano con Lutero per poi trovare la prassi con la Rivoluzione Francese e il Bolscevismo, a cui fa da collante il liberalismo anglosassone. L’occidentalismo, che ormai è diventato una vera e propria ideologia (con tutti i suoi rituali, proprio come una vera e propria religione) ha scardinato la quintessenza del concetto e visione del mondo che incarnava –e incarna, visto che si parla dell’eterno- la visione romana: dapprima col mos maiorum pagano e poi con la Chiesa, la quale per missione Divina ha saputo ereditare e incardinare la romanitas dandole valenza soprannaturale con accezione universale: è la missione della Chiesa Cattolica apostolica, società visibile fondata da Cristo, Suo Capo, a cui il pontefice spetta il ruolo di depositare e trasmettere la Fede: perché solo la Religione di Cristo, con la missione di salvare le anime, ha potuto di rimando fondare non solo una civiltà, ma saper incardinare una nuova antropologia, orientata verso il cielo grazie all’ausilio dell’actoritas sacralis a cui è subordinata la potestas regalis: questa è la grande politica, la polis designata anche dai saggi greci ancor prima della venuta del Cristo.
Il caso di Indy Gregory ci mostra come l’occidentalismo ideologico, invenzione di un certo mondo anglosassone che fa suo un concetto di Europa del tutto estraneo alla Tradizione, includendo la frattura della Res Publica Christiana avvenuta nel 1517 e facendola prevalere a discapito di una visione teologica della storia, è ormai dominante: non ci addentreremo nella crisi della Chiesa Romana che culmina con il Concilio Vaticano II, né separeremo l’etica dalla politica (ciò è un ossimoro come ci insegnano i realisti), ma ci limiteremo a mettere in evidenza di come il protestantesimo anglosassone sia dominante nella mentalità occidentale. L’occidente cattolico vede prodursi una frattura con Lutero appunto, che non è una modulazione, ovvero una nuova forma di cristianità, ma l’abbandono dei principi che formavano e fondavano la cristianità stessa, fino a produrre un quadro di valori che sono la negazione formale della civiltà cristiana romana, medievale e poi tridentina. Ciò significa che i moderni USA e l’Impero inglese non fanno parte dell’Occidente cattolico, né sono una continuazione. Infatti la guerra egemonica anglosassone estesa a livello mondiale a partire dalla metà del Settecento e alla fine della Seconda Guerra Mondiale hanno portato a conclusione un completo rovesciamento di ciò che intendiamo con Occidente cattolico, favorendo in tutti i modi l’imporsi del paradigma liberale e democratico. L’occidente odierno woke, inteso come spazio geo politico liberal democratico, non solo non è l’erede della cristianità realisticamente intesa, ma ne rappresenta il rovesciamento completo in senso anticristico: è un mondo che rifiuta Dio o che lo rinchiude, limitandolo alla coscienza del singolo, che è libero di credere quello che vuole per poi applicare questa coscienza in ogni campo della società umana, anche nel diritto (è il modernismo filosofico denunciato con tanta veemenza da San Pio X).

Lo Stato levatiano hobbesiano, messo in pratica con la rivoluzione inglese del XVII secolo, si arroga il diritto di elaborare il diritto, appunto. Lo Stato non si subordina più al diritto naturale, adeguando così la sua azione legislativa e attuativa per perseguire il fine ultimo che è la felicità dell’uomo (Dio). Lo Stato ha rifiutato i diritti di Dio e dunque i doveri verso di Esso: ne consegue che lo stesso Stato non è più un mezzo ma un fine, una macchina che crea e fagocita i suoi cittadini avendo su di essi la disposizione totalitaria di compiere qualsiasi cosa: dal dispotismo politico e sanitario fino ad arrivare a decidere chi deve morire tramite l’aborto e coll’eutanasia, spacciati per conquiste sociali e individuali. È lo Stato che decide tutto, chi deve vivere e chi e come deve morire: anche per la povera Indy. E il nesso tra suicidio legalizzato e mondo anglosassone protestante ce lo insegnano anche i maggiori sociologi: Durkheim riesce a mostrare come vi sia un nesso tra l’elevato tasso di suicidi nei paesi nordici e la praticanza protestante, rispetto ai suicidi nei paesi con mentalità cattolica, di gran lunga inferiore. Non è un caso che oggi l’eutanasia legalizzata avvenga nei paesi protestanti. Weber, invece, riesce a mostrare come la mentalità capitalista moderna nasca con la rivoluzione protestante: i due fenomeni sono strettamente legati alla religione luterana in quanto l’individuo è sganciato da ogni gerarchia, libero di interpretare e formulare una qualsiasi etica a discapito non solo di sé stesso, ma anche del prossimo e della comunità, e così si crea l’uomo turbocapitalista.
In Veneto questa mentalità sta prendendo piede nel dibattito politico istituzionale: dopo il centro gender di Padova votato dalla Giunta Regionale e le molte scuole che propongono agli studenti la carriera alias, il Veneto è apripista anche sull’eutanasia legale. Ormai questa terra sta divenendo un pericoloso laboratorio dell’ideologia radical / progressista woke, mentre la sanità sta crollando. La questione del fine vita abbraccia molti settori, da quello morale, bioetico, filosofico e in ultima istanza, consequenziale a quelli citati, politico. In alcuni paesi d’Europa (Olanda e Svizzera) l’eutanasia è legale anche per tutte quelle persone che soffrono di depressione, tanto per citare un esempio.
L’ideologia dominante vieta di invecchiare e soffrire, tanto più se a spese della comunità: è il caso di Indy, visto che il Giudice tra le motivazioni della sentenza ha adotto –tra le altre- questa motivazione. Bell’esempio della società iper inclusiva e pelosa: nella società brutta e cattiva dell’antico regime, vi erano le confraternite che nacquero con lo scopo di aiutare gli ultimi della società, offrendo loro opera assistenziale (erano perlopiù nobili ed ecclesiastici: alla faccia della lotta di classe marxiana). Ecco dunque offrire la cura a tali mali, la morte legalizzata perché lo Stato, oramai fine ultimo dell’uomo, garantisce anche questo. Non si può invecchiare, non si può soffrire, non si può essere tristi: ci pensano le strutture dello Stato a far finire le tue pene: basta un assegno e una firma. Ecco l’uomo occidentale: essere per la morte ancor prima di morire.
Sul caso del Veneto, ci sono due aspetti da tenere in considerazione: quello giuridico ed etico, che sono strettamente legati, visto che l’oggetto dell’etica è la virtù, la quale si applica in ogni campo dell’agire umano e quindi della società. L’associazione Luca Coscioni, circa il suo PDL, ravvisa alcune criticità sul piano costituzionale in quanto il tema trattato attiene alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in tema di diritti civili e politici che, ai sensi del comma 2 dell’art. 117, comma 2, della Costituzione, è riservata alla potestà legislativa esclusiva statale. Un’eventuale approvazione del Consiglio regionale sarebbe certamente impugnata in via d’azione dal Governo davanti alla Corte costituzionale. Su questo tema non si capisce quanto dichiarano certi politici (e governatori…). Si suole affermare che il tema del suicidio assistito sia un tema etico, e quindi si debba rispettare il voto di tutti e la politica non deve interessarsi (sic).
Una osservazione sorge spontanea: l’oggetto dell’etica è la virtù, e la virtù è quell’arte che tende al fine (felicità dell’uomo) tramite la scelta dei mezzi (virtuosi) mediante la deliberazione del singolo. Di conseguenza, essendo l’uomo un animale sociale che si organizza tramite la Costituzione (autorità di Governo), la politica deve deliberare e concretizzare la propria legislazione in virtù del fine. Questo breve ragionamento (sui cui ci sarebbe da scrivere e dire giorni interi) sta alla base del pensiero politico da quando l’uomo è stato creato. La disquisizione tra bene e male è poi un’altra faccenda, lo step successivo, ma è inutile soffermarvisi se manca la base. È interessante però notare la carenza culturale e di buon senso di chi ci rappresenta e/o governa con affermazioni e pensieri inesistenti.
L’Europa rivoluzionaria occidentalista, che più osanna il culto dell’edonismo orgiastico rimuovendo la morte, è quello che più incoraggia tale cultura.
Il tema della legalizzazione delle droghe, per esempio, ci mette di fronte allo stesso dilemma. Senza addentrarci nei meandri dei presunti effetti terapeutici della marjuana, dobbiamo affrontare il tema – peraltro scontato e facilmente dimostrabile – degli effetti collaterali prodotti da ogni genere di sostanza stupefacente. Senza considerare il fatto che – come testimoniano migliaia di tossicodipendenti – le droghe leggere rappresentano il primo passo verso l’utilizzo di narcotici più pesanti. Può, uno Stato degno di questo nome, permettere il consumo legalizzato di una sostanza che produce alterazioni dello stato coscienza? Il problema, di fatto è alla radice: quando le istituzioni cessano di incarnare uno spirito, una visione e un bagaglio valoriale, lo Stato si trasforma in un ente meccanico che fa di conto, perdendo ogni rimando etico, formativo e pedagogico. Questa tenuta etica, di fatto, riguarda anche il tema dell’eutanasia. In tal senso, ci teniamo a premettere che l’accanimento terapeutico è da considerarsi una pratica irrazionale. Tuttavia, al di là dei casi limite, sta prendendo piede la pratica del “suicidio assistito”. Hai dei problemi psichiatrici? Soffri a causa di una delusione d’amore? Hai insuccesso nel campo professionale? Non c’è di che preoccuparsi: in Belgio e in Svizzera vi sono delle cliniche specializzate che ti aiutano a morire “dolcemente”. Basta pagare diecimila euro, come ha fatto recentemente Sibilila Barbieri. Malgrado l’apparente immortalità di una società che ha imposto la maschera del salutismo e del giovanilismo, dunque, si propugna l’ideologia della morte. Un controllo collettivo che avviene attraverso il tentativo di inculcare alla gente i nuovi dogmi del “politicamente corretto”: l’esaltazione del cosmopolitismo, l’esasperazione dell’esterofilia, l’annichilimento delle radici e delle identità, il pacifismo, il superamento dei generi sessuali, la devastazione del tessuto sociale e dell’istituto familiare, l’aborto, l’antifascismo, l’eutanasia, il finto ambientalismo mainstream, l’immigrazionismo come dogma, il materialismo militante, il femminismo radicale. Un meccanismo totale, pervasivo, violento e disumano: l’imposizione coatta di una nuova narrazione, di un nuovo modo di vivere e di pensare, di una nuova era per l’intera umanità. Una follia che si nutre di un fanatismo millenarista che affonda le radici nel culto dell’individuo e nella sete di profitto: la chimera di una “società aperta” senza colori e senza specificità, dove il solo parametro di riferimento è quello del “produci-consuma-crepa”. Il denaro, grande protagonista del nuovo corso, è creato dal nulla: lo producono le banche private di prestiti e credito, senza alcun controllo da parte dello Stato.

Per concludere, ricordiamoci di Indy Gregory quando sentiamo l’opinione pubblica, di fronte a certi eventi internazionali, schierarsi a favore dei valori occidentali: siamo oltre il tramonto dell’Occidente, siamo alla nuova alba occidentalista.
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