Cosa succede fra Armenia e Azerbaigian?

Per semplificare estremamente le cose possiamo dire che l’Azerbaigian ha lanciato in questi giorni un “operazione anti-terrorismo” in un territorio che dal punto di vista del diritto internazionale è azero ma che dal punto di vista effettivo è una repubblica indipendente l’Artsakh (in russo Nagorno Karabach) abitata per la stragrande maggioranza da una popolazione di etnia armena.

Proteste in Armenia (FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/nagorno-karabakh-la-resa-dellarmenia-il-premier-riconosceremo-sovranita-azerbaigian-cosa-succede-ora-262874/)

1. Quadrante: il Caucaso

Quando parliamo del Caucaso parliamo di “uno dei più problematici laboratori di culture del nostro Mediterraneo” (Ferrari 1996, p.80), caratterizzato da un’eccezionale ricchezza etnica, linguistica, religiosa. Le popolazioni caucasiche sono circa una cinquantina con altrettanti dialetti e lingue; possono essere di ceppo indoeuropeo, turcofono, iranofono, esse vivono vicine o spesso intrecciate in piccole enclave o exclave; solo per soffermarci al Caucaso meridionale convivono (più o meno forzatamente) osseti e georgiani ortodossi, armeni monofisiti e azeri sciiti, oltre a minoranze ebraiche.

La storia contemporanea di questa regione è contraddistinta dalla forte influenza russa: iniziata con la lunga e difficile conquista zarista (Grande Guerra Caucasica 1783-1864), proseguitata con i conflittuali rapporti con il vicino Impero ottomano (1WW e Genocidio armeno), e poi segnata dalle vicende interne russe (rivoluzione d’ottobre, purghe staliniane, …).

Con la dissoluzione dell’URSS il Caucaso è divenuta una delle aree di maggior rilievo strategico del mondo contemporaneo.

FONTE: https://www.limesonline.com/dispute-nel-caucaso/57429

2. Antagonisti

2.1 Armenia

L’attuale Armenia dichiarò la propria indipendenza dall’URSS nel 1991. In realtà la storia del popolo armeno affonda le sue radici nell’antichità ed è contrassegnata da una forte identità data in particolare dall’essere un popolo fieramente cristiano circondato da mussulmani.

La conversione al cristianesimo dell’Armenia, tradizionalmente collocata nell’anno 301, è la prima conversione “ufficiale” di un popolo al cristianesimo. L’aspetto religioso è un aspetto fondamentale che ha spinto gli armeni ad avere entità statuali autonome varie volte durante la storia (dall’antichità a tutto il medioevo). Gli armeni, spesso e volentieri, hanno cercato (e ricevuto) l’aiuto dei correligionari europei e più in particolare russi. Queste influenze e scambi sono stati aiutati anche dalla storica presenza di comunità armene sparse per tutto il mondo (“diaspora armena”). Questi fattori hanno anche provocato il Genocidio armeno ad inizio novecento da parte del governo turco.

Negli ultimi anni la politica interna dell’Armenia è stata caratterizzata dalla “rivoluzione di velluto” (2018) che chiedeva una maggior partecipazione democratica. Uno dei leader della protesta, Nikol Pashinyan, ha successivamente vinto le elezioni ed è l’attuale capo di governo. Questo rivolgimento interno ha avuto una importante ripercussione sulla politica estera ovvero ha portato ad un allontanamento dallo storico alleato russo per un avvicinamento al mondo occidentale (UE e NATO).

2.2 Azerbaigian

Anche l’Azerbaigian è una delle Repubbliche Socialiste Sovietiche che trovò la propria indipendenza con il crollo dell’URSS. Tuttavia, la sua identità ha origini relativamente recenti, precedente nobile fu il regno dell’Albania caucasica conquistato dagli arabi e forzatamente convertito all’Islam (VII secolo), il territorio fu poi soggetto a dominazioni turche, tatare, iraniane (sono infatti sciiti) ed infine russe. Ad inizio novecento possiamo ancora parlare di una “nazione embrionale” che ha avuto solo nell’ultimo secolo una storia “autonoma”.

Un elemento fondamentale per capire i rapporti di forze odierni sono le ricche risorse dell’Azerbaigian, in particolare petrolio e gas naturale. Queste risorse furono sfruttate dai paesi dominanti ed in particolare dalla Russia fino al 1991, anno in cui i giacimenti cominciarono ad essere utilizzati in proprio dal governo azero. Dopo l’inizio della guerra russo-ucraina, l’Azerbaigian è diventato un importante fornitore della UE (“sono felice di contare sull’Azerbaigian, nostro partner energetico cruciale” Von der Leyen, 2022, https://www.agi.it/estero/news/2022-07-18/gas-intesa-ue-azerbaigian-per-raddoppio-fornitura-17478550/).

L’Azerbaigian pur essendo una repubblica presidenziale è di fatto governata dalla famiglia Aliyev. Il padre Haydar fu l’ultimo segretario del partito comunista dell’Azerbaigian, successivamente, con un colpo di mano durante il primo conflitto azero-armeno, divenne presidente del Consiglio Supremo. Poco prima della morte nominò il figlio, Ilham, alla stessa carica. Questi è tutt’ora al governo.

3. Conflitti

3.1 Inizi del Novecento

Le divergenze fra azeri e armeni hanno origini antiche ma la degenerazione dei rapporti interetnici esplose con estrema violenza a partire dal Novecento (1905-1907). Le cause non furono solo etnico-religiose. La Russia, in quegli anni, era attraversata da numerose tensioni sociali, economiche, etniche e culturali che scoppiarono dopo la guerra russo-giapponese (1904-1905). I pogrom iniziarono a Baku nel 1905 e velocemente si estero al resto del paese, tuttavia, grazie ad una migliore organizzazione, gli armeni riuscirono a difendersi e spesso ad avere la meglio. L’ordine fu ripristinato dal governo centrale che grossomodo lo mantenne fino al 1914.

La 1WW e l’iniziale avanzata russa all’interno dell’Anatolia servirono da giustificazione per la deportazione ed il genocidio degli armeni che vivevano dentro i confini dell’Impero ottomano. Sia la parte più ricca e culturalmente elevata che viveva a Costantinopoli, sia le più povere comunità e villaggi delle campagne furono scientemente sterminate (circa 1,5 milioni di morti).

Gli anni successivi alla 1WW furono anni estremamente complessi e violenti. La Rivoluzione comunista, il tentativo di invasione turca, le purghe staliniane, la 2WW portarono a gravi stravolgimenti sociali, all’annientamento delle élite tradizionali e della classe contadina ma allo stesso tempo stabilizzarono i confini e portarono ad una pacificazione etnica attraverso la “politica delle nazionalità”, fortemente voluta da Stalin, ovvero il tentativo di uniformare i territori etnicamente.

3.2 La nascita dell’Oblast del Nagorno Karabakh (Artsakh)

In questo contesto, dopo la conquista bolscevica del 1920, il territorio dell’Artsakh (come pure quello del Nakhchivan, attuale exclave azera) vennero assegnate, per volere di Stalin, all’Azerbaigian e nel 1923 venne creata l’Oblast (una quasi repubblica semi-autonoma) del Nagorno Karabakh (l’Artsakh).

Questa regione, grande più o meno come il Molise, è abitata per la stragrande maggioranza da armeni cristiani e vanta una storia importante: nell’antichità era una delle province del regno della Grande Armenia, qui Tigran il Grande (95 aC – 55 aC) fondò una delle sue capitali. Con la conversione al cristianesimo la regione divenne il principale polo di sviluppo della cultura amena grazie alla presenza di numerosi monasteri, in quest’area nasce l’alfabeto armeno e si svilupparono le famose miniature di Artsakh. Questo importante polo etnico-culturale resta vivo sotto la dominazione persiana (XIII – XVIII secolo) e viene incentivato dal governo russo che ha sempre avuto una certa simpatia per le minoranze cristiane del Caucaso (georgiani, armeni, osseti). Per approfondire i legami storici e culturali fra Armenia e Artsakh: https://agbu.org/artsakh-strong/armenian-artsakh-connection).

Monastero di Gandzasar nell’Artsakh (FONTE: https://agbu.org/artsakh-strong/armenian-artsakh-connection).

3.3 Prima guerra del Nagorno Karabath (1988-1994)

La situazione degenerò con il collassare dell’URSS: l’artificiale “politica delle nazionalità” ideata da Stalin implose portando alla nascita di numerosi conflitti (fra gli altri quello che stiamo vedendo in Ucraina).

Nel 1988 il consiglio generale dell’Oblast del Nagorno Karabakh chiese formalmente il trasferimento all’Armenia: la richiesta fu accettata dal parlamento armeno ma rifiutato da quello azero e da quello dell’Unione sovietica. La richiesta ufficiale ebbe come conseguenza l’inizio di una vera e propria pulizia etnica: persecuzioni e stragi di massa degli armeni presenti nelle città azere (all’inizio a Sumgait, poi a Kirovabad e Samkhor, e successivamente a Baku e in tutto il territorio dell’Azerbaigian). Centinaia di civili furono uccisi, subirono torture e molti divennero profughi.

Nel 1991 l’Azerbaigian decise di fuoriuscire dall’Unione Sovietica (eventualità resa possibile dalle riforme di Gorbacev). La stessa legislazione sovietica permetteva anche agli Oblast (come l’Artsakh) di proclamare la propria indipendenza tramite referendum. Il 10 dicembre 1991 nella nuova proclamata Repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh), alla presenza di osservatori internazionali, si tenne un referendum al quale partecipò l’82,2% degli elettori che votarono per il 99,89% per l’indipendenza.

L’Azerbaigian (e la comunità internazionale) non riconobbero il referendum. In compenso, la violenza delle persecuzione ai danni degli armeni portò ad una escalation militare. Ad intervenire in difesa dell’autodeterminazione del popolo del’Artsakh fu la Repubblica Armena. A sua volta gli azeri ottennero il sostegno dagli indipendentisti ceceni e di altri gruppi di mujaheddin afgani (questo evidenzia il peso dell’elemento religioso nel conflitto).

La prima guerra del Nagorno Karabakh si concluse nel 1994 con la proclamazione del cessate il fuoco. In pratica fu una vittoria armena: non solo l’intero Artsakh ma anche alcune aree adiacenti esterne agli originari confini dell’Oblast erano controllati dall’esercito armeno. L’Artsakh si consolidava come repubblica de facto non ancora riconosciuta dalla comunità internazionale.

Armeni e Azeri, essendo paesi dell’ex-URSS, ricevono buona parte delle forniture militari dalla Russia; la necessità di differenziarsi ha spinto i militari armeni ad utilizzare come simbolo identificativo la croce (FONTE: https://theatlasnews.co/politics/2022/11/06/the-future-of-armenia-and-its-people/).

3.4 Seconda guerra del Nagorno Karabath (2020)

Vent’anni dopo il primo conflitto armeno-azero le cose sono decisamente cambiate. L’Azerbaigian, grazie alle sue ricchezze naturali, ha potuto riorganizzare e modernizzare l’esercito. Inoltre, da un punto di vista geopolitico ottiene l’esplicito sostegno militare e politico della Turchia di Erdogan, ma anche di Israele. L’Armenia, con un’economia sempre più povera, è inoltre “vittima” della rivoluzione di velluto che ha deteriorato il suo rapporto privilegiato con la Russia; incassa il sostegno iraniano (in funzione anti-turca e anti-israele) ma non è sufficiente per rimettere in pari la situazione.

Dopo appena un mese i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione russa, firmarono un cessate il fuoco. L’Azerbaigian consolidava la propria posizione nei territori conquistati e otteneva alcune zone dell’Artsakh. L’Armenia fu obbligata a ritirare le truppe da alcune regioni del Nagorno Karabakh. La Russia ebbe ruolo di mediatore e le fu affidata una missione di pace.

FONTE: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/nagorno-karabakh-tregua-o-resa-144888

3.5 Blocco del corridoio di Lachin (2022-oggi)

Il secondo conflitto azero-armeno diede un duro colpo alla Repubblica di Artsakh, mettendone in luce l’impotenza militare. Questa situazione rese ancora più opprimenti le richieste dell’Azerbaigian, che nel frattempo realizzava a Baku il “Military Trophy Park” per coltivare l’odio verso gli armeni sconfitti: https://www.tempi.it/a-baku-ce-perfino-un-parco-dei-trofei-dove-si-coltiva-lodio-verso-gli-armeni/).

L’unico collegamento aperto fra l’Artsakh e l’Armenia e il resto del mondo era il corridoio umanitario di Lachin, dato che tutto il resto del confine era presidiato dall’esercito azero.

Il 12 dicembre 2022, cittadini dell’Azerbaigian che affermavano di essere “eco-attivisti” hanno lanciato un blocco del corridoio. Successivamente l’Azerbaigian ha interrotto anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh (tra il 13 e il 16 dicembre 2022), mettendo a rischio di crisi umanitaria i 120.000 armeni residenti nell’Artsakh. Il blocco è stato condannato da Francia, Grecia, Paesi Bassi, Russia, Canada e numerosi altri paesi.

Un padre e suo figlio maggiore contemplano la foto del figlio più piccolo e fratello, morto durante i combattimenti della guerra del Nagorno Karabakh (FONTE: https://www.lifegate.it/armenia-conseguenze-civili-reportage)

4. Oggi: la fine.

Arriviamo ai nostri giorni. Tra il 19 e il 20 settembre 2023, l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare su larga scala contro la repubblica di Artsakh, definendola un’“operazione antiterrorismo”.

A questo fatto dobbiamo però aggiungere un preambolo ovvero l’imbarazzo internazionale provocato dalle esercitazioni militari “Eagle Partner” che l’Armenia ha svolto con gli Stati Uniti nei pressi della capitale armena dall’11 al 20 settembre (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/nagorno-karabakh-il-ruolo-dellue-fra-armenia-e-azerbaigian-144882). Pertanto gli stessi giorni un cui l’Azerbaigian ha attaccato l’Artsakh.

Ad ogni modo le operazioni militari in Artsakh sono state brevissime, Il giorno successivo alla ripresa delle ostilità è stato annunciato un accordo di cessate il fuoco, mediato dal comando russo, che prevede il disarmo e l’avvio di colloqui con il governo dell’Azerbaigian sulla reintegrazione del territorio.

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, pur denunciando il pericolo di una pulizia etnica, ha immediatamente affermato che le forze armate armene non erano coinvolte nei combattimenti e che non erano presenti nell’Artsakh, anzi ha evidenziato che il vero scopo dell’Azerbaigian sarebbe di trascinare anche l’Armenia nel conflitto (https://oc-media.org/live-updates-stepanakert-under-fire-as-war-breaks-out-in-nagorno-karabakh/). Queste parole hanno esplicitamente fatto intendere che l’Armenia non sarebbe intervenuta.

La Russia -nonostante l’enorme imbarazzo creato dalle esercitazioni armeno-americane in questo frangente- ha evidenziato come ogni possibile intervento militare (Russia e Armenia sono legate dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, OTSC) può essere preso in considerazione solo se è l’Armenia ad essere interessata. Cosa che sembra molto difficile anche alla luce delle dichiarazioni fatte da Pashinyan a maggio e che sembrano riconoscere la sovranità dell’Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh (https://www.bbc.com/news/world-europe-66863702).

L’impossibilità politica e militare di organizzare una difesa da parte della piccola Repubblica dell’Artsakh ha spinto il presidente dell’enclave, Samvel Shakhramanián, a decretare “lo scioglimento entro il 1° gennaio 2024 di tutte le istituzioni pubbliche e le organizzazioni ad esse subordinate” e ha annunciato che “la Repubblica dell’Artsakh cessa di esistere” (https://www.reuters.com/world/asia-pacific/nagorno-karabakh-republic-will-cease-exist-jan-1-2024-nagorno-karabakh-2023-09-28/).

I numerosi allarmi che da tempo lanciano le associazioni per i diritti umani insieme ai primi video di crimini compiuti contro i civili e contro i militari del Karabakh (https://twitter.com/NKobserver). Hanno provocato un esodo di massa verso l’Armenia. Ad oggi (30 settembre 2023), dopo nemmeno una settimana dall’inizio del conflitto, si registrano circa 100.000 profughi, su una popolazione di 120.000 abitanti. In poco meno di 24 ore la storica presenza armena in Artsakh sembra vinta, annientata, cancellata.

Il grande protagonista mancato di questa storia è -ancora una volta- l’Europa. Il Vecchio Continente sembra sempre più in difficoltà a far valere la sua “forza morale” a livello internazionale; anzi, in questo caso è da più parti accusato di applicare “doppi standard” per preservare il rapporto energetico con l’Azerbaigian. L’Unione Europea -ancora una volta- si rivela incapace di prendere una decisione unitaria e autonoma che non sia indirizzata da Washington e si dimostra poco lucida nel comprendere il mondo multipolare post-2022. Questa situazione è resa ancora più penosa perchè viene abbandonato un popolo “amico” come quello armeno, a cui siamo legati da secoli per fede e storia.

Ursula von der Leyen (presidente della Commissione Europea) e il presidente Ilham Aliyev al momento della firme dei contratti sul gas (FONTE: https://www.aljazeera.com/news/2022/7/18/eu-signs-deal-with-azerbaijan-to-double-gas-imports-by-2027).

FONTI:

Aldo Ferrari, Breve storia del Caucaso, 2018, Roma, Carocci Editore

Aldo Ferrari, Giusto Traina, Storia degli armeni, 2020, Bologna, Il Mulino Editore

http://karabakhfacts.com/wp-content/uploads/2013/09/Brief-History-of-Artsakh-Nagorno-Karabakh-IT.pdf

@NKobserver (Open-source military analysis providing raw info):

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